C’è una figura fondamentale nella storia dell’integrazione europea. E la sua storia è di quelle visionarie, che oggi possono sembrare uno scherzo o, al contrario, completamente in linea con la storia che conosciamo e perciò mai valutata.

Probabilmente, in Italia la storia di Ursula Hirschmann non è mai stata raccontata se non marginalmente per un’attitudine che oscilla tra la glorificazione di figure per lo più maschili e un ricordo delle Resistenze al nazifascismo come un fatto italiano, non europeo.

Oggi conosciamo la lotta di Ursula Hirschmann come laterale, in una veste da “messaggera” che non può dare sufficiente contezza dell’impegno all’interno del Movimento federalista europeo. Una donna tedesca, ebrea, fedele aiutante e moglie di Colorni prima e Spinelli poi.

Probabilmente è un qualche tipo di stigma ad aver ridotto tanto la figura di Hirschmann a un asterisco accanto a nomi imponenti, soprattutto accanto a quello del principale fautore del federalismo europeo al livello continentale. Ma, se è vero che furono anche le contingenze a consentirle quel ruolo, oggi più che mai conosciamo l’importanza del lavoro di diffusione di idee e valori.

Chi si impegna per la diffusione di idee e valori non ha un ruolo secondario. Che questi arrivino da condizioni di costrizione, come gli scritti dell’irlandese Bobby Sands nelle prigioni nordirlandesi, di Abdullah Öcalan dalle prigioni turche, come i Quaderni di Antonio Gramsci o come lo stesso Manifesto. Che siano trasmessi tramite i social network e le app di messaggistica, come per la piattaforma Nexta, fondata da Roman Protasevich, arrestato domenica 23 maggio dalle autorità bielorusse del dittatore Lukashenko. O che siano trasmessi attraverso una serrata attività istituzionale.

E proprio in quest’ultima categoria conosciamo bene oggi un’altra donna, un’altra Ursula. Come Ursula Hirschmann, la Presidente della Commissione europea ha la lucidità di individuare le sfide e le opportunità di un periodo di crisi profondissima come quello già vissuto dal 2011 e di nuovo oggi, dopo dieci anni.

È vero che i tempi della guerra sono lontanissimi, che la retorica della “guerra contro il virus” non è stata convincente neanche per un secondo e che lo spirito del Manifesto ci deve unire sempre, in ogni condizione per quanto differente possa essere da quella che vissero Spinelli, Colorni e Rossi ottant’anni fa. Ma la crisi che la maggiore esponente delle politiche comunitaria, e di fatto rappresentante più alta della cittadinanza europea, si è trovata a fronteggiare ne ha elevato il livello dello sforzo, in una lotta difficilissima contro i crescenti egoismi e frizioni fra Stati membri e, soprattutto, contro ogni violazione dello Stato di diritto.

Ed è per questo che Ursula von der Leyen lo scorso venerdì 21 maggio ha ricevuto a Roma il Premio La Chiave d’Europa. Come ricordato anche da Roberto Sommella, Presidente della Nuova Europa, il nome Ursula trova nel parallelo tra Hirschmann e von der Leyen non solo una coincidenza, ma qualcosa di più profondo. Nessuna delle due, né la madre fondatrice né la Presidente della Commissione, si è fatta portatrice di valori coniati e scolpiti in prima persona, per quanto condivisi. Anzi: hanno abdicato a quel ruolo per abbracciare il ruolo di diffusione delle idee.

Ursula von der Leyen, addirittura, non si fa portatrice solo dei valori europei.

Durante la cerimonia di consegna de La Chiave d’Europa, arrivata a una decina di giorni dopo la fine del quinto Ventotene Europa Festival, Ursula von der Leyen si è ricordata dell’impegno dei ragazzi della Scuola d’Europa nello strutturare idee e proposte per la Conferenza sul futuro dell’Europa. E, con un errore affettuoso, ha persino chiesto di mandarle «via mail» le proposte. Che, non per caso, i ragazzi avevano stampato e consegnato insieme al Premio. Con una risata per questo errore la Presidente ha confermato il suo interesse.

I ragazzi lo sanno: se in Ursula Hirschmann hanno un esempio storico da seguire per l’importanza dell’opera di diffusione delle idee federaliste del Manifesto, in Ursula von der Leyen hanno un’alleata per diffondere le proprie.

L’alleata più importante, in una lotta per la Nuova Europa.