La seconda giornata della Scuola d’Europa, apertasi con l’intervento della prof.ssa Paola Severino e con i saluti del Ministro Luigi Di Maio (qui il video) ha avuto come principali ambiti di discussione la Conferenza sul Futuro dell’Europa e, soprattutto, sul tema della difesa comune dell’UE.

«Per arrivare a un’unità europea, anche dal punto di vista della difesa, sarà necessaria una cooperazione reale tra i governi. E questa può nascere solo se i governi sono incalzati dall’opinione pubblica di fronte a un evento traumatico. La ritirata dall’Afghanistan e l’affaire dei sottomarini tra Francia e Australia sono state un importante campanello d’allarme». Parla così, senza freni, davanti a una platea di giovani e giovanissimi l’ambasciatore Giampiero Massolo, Presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI).

L’intera giornata ha quindi offerto uno spazio fondamentale ai ragazzi per addentrarsi in quella che, con ogni probabilità, è il tema più caldo della politica europea al momento. Non è un caso che, nel contesto della consultazione massiva che ha preso il via a maggio con la Conferenza sul Futuro dell’Europa, le proposte riportate nel primo interim report divulgato a fine agosto a proposito della difesa siano incentrate per lo più attorno alla creazione di un esercito comune e di organi nuovi, come ad esempio un’accademia militare europea. Non ha dubbi, tuttavia, l’ambasciatore Massolo: «La proposta di un esercito comune non è realistica. Il cosiddetto hard power dell’Unione Europea non ha come obiettivo primario quello di fare la guerra. Lo stesso vale per il progetto di un’intelligence comune: la ricerca di informazioni continuerà a essere compito dei singoli Stati». E sottolinea: «Non è pensabile un’operazione di sganciamento dall’alleanza atlantica».

Allo stesso tempo, però, «servono investimenti nella difesa comune, tanto materiali quanto in termini di condivisione. Ci si deve concentrare sulla condivisione e coordinamento del capitale umano e degli sforzi dei Paesi membri. Occorre che i tre Paesi fondatori, Francia, Germania e Italia trovino un terreno comune. Già oggi le istituzioni fanno data sharing, si scambiano informazioni regolarmente, e devono arrivare ad integrare maggiormente i comandi».

L’ha ricordato, d’altronde, anche il console Tommaso Claudi durante la cerimonia di premiazione alla Farnesina in cui ha ricevuto la Chiave d’Europa per le sue azioni durante l’evacuazione dell’aeroporto di Kabul: le operazioni di salvataggio sono andate molto meglio di quanto auspicabile anche grazie alla cooperazione tra gli Stati europei.

Anche a seguito delle parole dell’ambasciatore, il gruppo di lavoro di ragazzi della Scuola d’Europa che si sta impegnando a Ventotene per elaborare proposte di politiche di Difesa e Sicurezza ha cambiato focus. «L’analisi dell’ambasciatore Massolo ha chiarito a tutti noi quanto sia complesso parlare di difesa, di esercito comune. Inoltre, i risultati dell’interim report evidenziano già un elevato numero di proposte su questo tema. Abbiamo deciso quindi di concentrarci su un altro aspetto che richiede l’impiego di forze europee: la gestione dei flussi migratori all’interno dei confini dell’Unione. Una gestione di queste forze di difesa che miri a superare la politica di creazione di hotspot in Paesi terzi, che si è dimostrata lesiva dei diritti umani fondamentali, è necessaria. Questo è sicuramente un ambito più adatto agli sforzi che noi ragazzi possiamo portare avanti per elaborare proposte utili sul futuro dell’Unione».

La Scuola d’Europa è entrata nel vivo.