Giornalista, narratore e poeta dell’animo.
Viaggiatore tra luoghi reali e luoghi immaginari, scopritore di quell’ibridismo culturale che unisce Ovest ed Est dell’Europa, Mar Mediterraneo e Baltico, che egli ha rintracciato partendo dalla sua città natale, Triste, paradigma di multiculturalismi e crocevia tra cultura mitteleuropea e quella levantina.
Laico e con uno spirito religioso, capace di descrivere le regole pratiche che gli uomini sanno darsi ma anche voce di una fede mistica nei valori che vanno oltre il pragmatismo, testimoniato nella sua «riproposizione del motto benedettino ora et labora» che diviene il principio guida del suo viaggio, descritto in Il filo infinito, tra i monasteri europei che si ispirano alla regola del santo protettore dell’Europa.
Testimone degli orrori delle guerre balcaniche della fine del XX secolo, ma uomo di pace, convinto che dai periodi di decadenza che hanno da sempre contraddistinto la storia europea ci si possa sempre risollevare.
Un moderno Ulisse che ha ripercorso le radici delle diversità tra Ovest ed Est, Nord e Sud dell’Europa, consapevole e fiducioso che l’uomo sappia sempre trovare la salvezza nella sua interiorità contro le aberrazioni che la storia passata e presente ci propone.
Queste sono le parole con cui alcune studentesse partecipanti al Ventotene Europa Festival 2022 hanno disegnato il profilo dello scrittore e viaggiatore triestino Paolo Rumiz. L’occasione di incontrare direttamente un personaggio di tale esperienza era troppo ghiotta per sprecarla con una semplice conferenza, così le ragazze hanno preferito preparare un’intervista a più voci, che si è svolta in tre momenti.
Nel primo è stato chiesto a Rumiz se si identificasse in quel “ritratto d’autore” che vi abbiamo anticipato; nel secondo gli hanno rivolto domande riconducibili ai suoi libri di viaggio nell’ Europa dell’Est e alla sua esperienza nei luoghi di guerra. Infine, il terzo momento è stato lo spazio dedicato all’ascolto dei suoi preziosi insegnamenti.
Egli ha innanzitutto voluto sottolineare che non sussiste una contraddizione tra il suo articolo “Requiem dell’Europa” pubblicato su la Repubblica nei primi giorni di maggio e il recente libro Canto per l’Europa, ultimo atto della trilogia pubblicata da Feltrinelli. Sono due facce della stessa medaglia: quel “romanzo in versi” celebra l’Europa con la sua matrice mediterranea e i suoi confini baltici; l’articolo scuote le coscienze degli europei con il fine di salvaguardare l’unione dell’Europa che si estende tra confini che corrono da Ovest ed Est. Anche la Russia, di cui si discute quotidianamente in questi mesi, dopo l’invasione all’Ucraina, è Europa e non bisogna dimenticarlo. Il pessimismo della ragione, ha detto lo scrittore, deve essere bilanciato dall’ottimismo verso il futuro europeo.
“Per la prima volta in queste settimane – ha affermato Rumiz- ho sentito il rischio che l’Europa unita sparisse davvero, o che fosse già scomparsa, schiacciata fra due mondi, Ovest ed Est che giocano alla guerra, ignorando le radici della convivenza europea, in preda a un ebete sonnambulismo, come nel 1914, quando l’Europa si gettò nel baratro. Una percezione fisica dolorosa”.
“Come se, dopo aver scritto un “Canto” per lei, la dea-madre che sta all’origine della nostra civiltà – ha proseguito lo scrittore – oggi ci trovassimo di fronte a un “Requiem” senza appello, la fine dei nostri valori, travolti da uno scenario di guerra. Ma il mio immaginario epitaffio, che risuonerebbe come un tradimento della speranza dei padri fondatori, che nel ’45 concepirono l’Europa come un sogno possibile che si costruiva partendo dalle sue rovine, è solo una provocazione. L’Europa, sedimento di millenni, di lingue, religioni, con convulsioni e speranze dai quali è nata, oggi non può scomparire, non possiamo permetterci un silenzio assordante sul suo futuro. Com’è possibile che venga resa un corpo inerte, spezzato e subalterno, un’alleanza incapace di pensare in grande, ossessionata dalla sicurezza ma incapace di ottenerla, sia crocefissa da reticolati contro i migranti e dimentichi le guerre che hanno lacerato la sua carne?
“Esisti ancora Europa e sopravviverai anche a questa prova” è questa la certezza espressa dallo scrittore condivisa dai milioni di europei che credono ancora nel sogno di pace…
Il “viaggio di idee” con lo scrittore è proseguito tramite la lettura – interpretazione di taluni estratti del libro Trans Europa Express ed ecco alcuni insegnamenti che abbiamo tratto dalle parole dello scrittore.
È necessario viaggiare con uno “zaino leggero”, metafora dell’essenzialità, e arricchirlo durante il tragitto della nostra vita, allontanandoci dalle illusioni di un diffuso consumismo.
È bene accogliere i doni degli altri per uno scambio che valorizza sempre la presenza dell’altro e in questo modo il nostro zaino continuerà ad essere leggero.
È consigliato lasciare che siano gli altri a porre domande, incuriositi da noi o da qualcosa di nostro che richiami la loro attenzione.
È bene cercare il giusto compromesso nel portare la propria cultura in altri Paesi senza andare ad intaccare quella autoctona o senza pretendere di essere parte di essa.
È opportuno essere costantemente in ascolto di opinioni ed esperienze altrui e recarsi di persona ad esplorare nuovi mondi sul terreno, perché solo attraverso il dialogo si giunge al vero.
È in fondo riconosciuto che solo i deboli, cioè coloro che non sono consapevoli della propria identità, necessitano di un nemico. Le persone forti, invece, coscienti di chi sono e dei propri principi, non hanno bisogno di nemici, e senza di quelli la pace “attraversa” e si radica nelle nostre esistenze.
Pace, questo era il tema centrale della sessione 2022 del Ventotene Europa Festival, occasione per manifestare insieme la speranza che l’obiettivo è raggiungibile, un sentire condiviso con lo scrittore, tramite parole e pensieri che ci hanno colpito e si sono depositate nel nostro animo.
Fonte: la testimonianza degli studenti Festival di Ventotene.