Dietro le quinte: il diario di viaggio dei professori a Ventotene
Una Costituzione per l’Europa. Sappiamo che non c’è. Sappiamo perché manca. E sappiamo anche che questa mancanza è un grave ostacolo per la costruzione di un’Europa che abbia un’identità culturale e politica. Un’Europa che non sia solo un grande mercato a disposizione di chi ha più denaro e più potere, ma che diventi finalmente il continente in cui i popoli di 27 paesi, oggi, e ancor di più domani, possano trovare il luogo ideale in cui vivere.
Una Costituzione per l’Europa. Con i suoi valori fondativi, con la sua strada maestra da seguire, con il suo mandato irrinunciabile. Perché questo è una Costituzione. E mentre i ‘grandi della terra’ al G7 di Taormina si baloccavano in un summit inconcludente, a Ventotene 31 studenti diciassettenni di 3 paesi europei hanno spianato la strada al futuro.
Poche fumisterie, pochi formalismi, nessuno spazio per comunicazioni di vetrina e passerelle istituzionali. E’ stato tutto vero, come volevamo che fosse. Quattro giorni di studio intensissimo, negli spazi della sala polivalente e nelle aule della scuola “Altiero Spinelli”, dove, tra incontri, approfondimenti, interviste ma, soprattutto, letture e dibattiti, gli studenti hanno redatto la loro ‘Dichiarazione di Ventotene’: 13 articoli non numerati, non gerarchicamente elencati. 13 punti chiave, 13 fondamenti irrinunciabili su cui costruire la Carta della nuova Europa.
Pace, Diversità per l’Unità, Accoglienza, Uguaglianza, Democrazia, Comunicazione tra le Forze Europee, Informazione e Partecipazione, Un’Europa più giovane, Libertà di parola, Frontiere libere e protette, Solidarietà, Coscienza ecologica, Rispetto: questi i temi enucleati fin da subito, da quando, il primo giorno, si sono incontrati sul traghetto e, in mare aperto, hanno cominciato a parlare, a fare amicizia, a ridere e scherzare, confrontandosi sul difficile lavoro che erano stati chiamati a compiere. E così per quattro, fittissime giornate, già al mattino presto davanti al cappuccino, sbocconcellando il ciambellone che i nostri meravigliosi ospiti, gli albergatori di Ventotene, preparavano per noi. E a pranzo e a cena, pronti a condividere nuove idee e nuove parole, con la maestra della scuola dell’isola sempre accanto e disponibile, che ci ha accolto nelle sue aule, con i suoi bambini, a qualunque ora: ogni pomeriggio fino a tardi, sabato fino alle 9 di sera; domenica mattina e ancora all’ora di pranzo. Per discutere e poi scrivere e poi tradurre e poi correggere e poi impaginare e poi stampare. E’ stato meraviglioso. Noi docenti abbiamo accompagnato le ragazze e i ragazzi in questo percorso impegnativo, a volte anche di confronto duro tra diverse formae mentis, diversi approcci, diverse piste di ragionamento. Mai interferendo. Non è mai, mai stato necessario ricomporre alcun dissidio. Da soli, hanno trovato un metodo di lavoro civile e democratico, e questo è, credo, il risultato più prezioso e davvero esemplare: discussione approfondita e analisi delle proposte, poi il voto a maggioranza significativa, così che ogni articolo fosse il frutto della più ampia condivisione.
E mentre loro, giorno dopo giorno, redigevano la loro Dichiarazione, noi docenti sentivamo crescere in noi la necessità che questa esperienza non fosse unica e sola; immaginavamo che quei luoghi così accoglienti, così belli e così carichi di umanità e di storia potessero diventare un’occasione di incontro e di confronto stabile tra tanti altri studenti di tutti i paesi europei e non solo: la Scuola d’Europa, dunque, da fondarsi nelle aule dedicate a Altiero Spinelli, per costruire un percorso di conoscenza e di cittadinanza proprio attraverso l’esperienza diretta, così come stavamo facendo noi.
Perché è a scuola che si insegna la storia. Nonostante le pessime riforme che hanno infestato il nostro sistema scolastico, a scuola si insegna la storia, anche quella contemporanea e fino ai Trattati europei; si commentano le notizie di cronaca e si smontano le bugie della propaganda; si fanno collegamenti tra passato e presente e si scoprono i giochi della dissimulazione; si recupera il significato delle parole e si svela l’insidia della retorica, l’inganno e la suggestione dell’historia magistra vitae; si osserva la tentazione costante della strumentalizzazione: della politica, del discorso politico e del discorso sulla politica.
A scuola abbiamo letto – e leggiamo – il Manifesto di Ventotene e siamo partiti da lì per le nostre riflessioni sull’Unione europea. Che non è l’Europa. Non è l’Europa immaginata dai suoi padri fondatori. E non è l’Europa auspicata dalla Grecia, cuore pulsante delle sue radici culturali. Né l’Europa che vogliamo noi, cittadini italiani, spagnoli, francesi, portoghesi, tedeschi, austriaci, belgi, finlandesi. Convintamente europei ma soprattutto convintamente democratici.
La democrazia è conquista irrinunciabile dell’Europa. Ce l’ha insegnato Atene migliaia di anni fa. E la parola ‘democrazia’ ha un significato chiaro e inequivocabile, non patteggiabile. Significa ‘governo del popolo’. La storia dei Paesi ci insegna che la democrazia ha il suo fondamento saldo nella Costituzione. E così anche la storia degli Stati Uniti d’America, dove la Costituzione era già pronta per essere adottata nel 1789 dal primo Presidente, George Washington, stilata fin dal 1787 e già ratificata in ognuno dei 13 stati esistenti all’epoca. Come in America, non ci può essere Europa senza Costituzione. Non ci può essere democrazia senza Costituzione. Noi sappiamo che nessuna Costituzione può, da sola, arginare iniquità e ineguaglianze. Ma sappiamo che solo una vera federazione tra Stati europei costituzionalmente definita potrà declinare l’immagine diversa di un’unione non solo monetaria ma politica, nel senso filologico – ancora una volta greco – del termine. Un’unica, grande polis, il cui fondamento sia l’isonomia.
Isos nomos, stesse leggi. Presupposto di qualunque idea di giustizia, di equità, di uguaglianza. Le leggi della politica – uguali per tutti i Paesi membri e garanzia dell’uguaglianza di tutti i cittadini europei – prima delle regole dell’economia. E le regole, che vanno rispettate – come insegniamo a scuola – non possono essere i meri tecnicismi della finanza internazionale, mostruosa espressione del mercimonio del neocapitalismo globale contemporaneo. Una politica – e un’economia, con le sue regole – che rimettano al centro del loro discorso l’uomo e non il mercato costruiranno la vera Europa e le garantiranno l’unica legittimità indiscutibile.
E’ questo il progetto che loro delineano nella loro Carta, dove chiedono che nelle scuole di tutti i paesi si studino storia ed educazione civica europea. Così come nella scuola di Ventotene, la Scuola d’Europa.
Adesso sta alle Istituzioni italiane ed europee fare la propria parte. Hic Labor, hoc opus est. Noi, con l’alacre lavoro in classe e con le intense giornate del Festival, abbiamo dato voce ai sogni e ai bisogni delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi.
Che hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e ci hanno mostrato la via.
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